Category: Sociale

Un passaggio pedonale per non vedenti in via Ruggeri

ANCONA. Attivo un passaggio pedonale per non vedenti al Q2. Oltre ai lavori stradali per migliorare la viabilità e il decoro, il Comune pensa adesso ai soggetti più deboli. E stato, infatti, realizzato ieri mattina dall’Ufficio traffico, in via sperimentale, un passaggio pedonale per non vedenti in via Ruggeri all’altezza del civico 2. Il passaggio è composto da tre righe parallele in resina bianca che, grazie ad uno spessore di 3 millimetri, fanno da guida al bastone del non vedente e gli permettono di non perdere l’orientamento. Nei prossimi giorni il passaggio pedonale verrà testato con la collaborazione dell’associazione Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti della sezione di Ancona: «Se il test risulterà positivo _ osserva l’assessore comunale alle Manutenzioni e alla Viabilità, Stefano Foresi _ lo proporremo per altri passaggi pedonali cittadini».

Il Resto del Carlino del 25-03-2017

Gli occhiali intelligenti che raccontano il mondo a chi non vede

CAGLIARI. Verranno presentati a cura di una società milanese specializzata nel settore di ausili informatici per persone con disabilità visiva, gli innovativi occhiali OrCam, durante l’Assemblea Sociale dell’UICI di Cagliari (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), in programma per domenica 26 marzo (Via del Platano, 27, ore 9-13).
Si tratta di occhiali creati da un’azienda israeliana, che grazie a un sistema audio e video, riconoscono testi scritti, oggetti e persino volti umani, permettendo a chi non vede di leggere e ascoltare la descrizione di ciò che li circonda.
«Tramite una minuscola videocamera incorporata e a un audio – spiega Rafi Fisher, portavoce dell’azienda creatrice del prodotto – gli occhiali OrCam permettono di ascoltare la descrizione di ciò che viene inquadrato: testi scritti e oggetti, arrivando a trasformare letteralmente la vita di chi non può vedere. Fare la spesa da soli, ad esempio, o leggere un menù al ristorante senza bisogno dell’aiuto di nessuno, sono piccole cose, che contribuiscono però a conferire una maggiore sicurezza in se stessi e migliorare decisamente la qualità della vita».

Basato su un algoritmo di riconoscimento visivo, OrCam è il gioiello dell’omonima azienda israeliana, fondata nel 2010 da Amnon Shashua, ricercatore e docente della Hebrew University di Gerusalemme, già fondatore di Mobileye, società quotata in borsa che sviluppa sistemi di riconoscimento visivo per aumentare la sicurezza delle automobili, permettendo di identificare intuitivamente segnali stradali ed evitare pedoni e ostacoli.
Entrata sul mercato nel 2015, dopo cinque anni di sviluppo, l’Azienda OrCam conta oggi su un centinaio di dipendenti, tra cui diverse persone cieche e ipovedenti, il 50% dei quali lavorano nel dipartimento di Ricerca e Sviluppo.

«Gli occhiali OrCam – sottolinea ancora Fisher – rispondono a un semplice gesto intuitivo: basta infatti indicare con un dito un oggetto, per ottenerne la descrizione audio. Il sistema risponde all’istante e la cosa interessante è che, oltre a leggere i testi e a riconoscere le cose, identifica anche le persone, grazie a un sistema di scannerizzazione e memorizzazione dei volti in un archivio virtuale. Esso si trasforma così in una mappa per navigare il mondo e sentirsi più autonomi».
Le persone con disabilità visiva, per altro, non sono l’unico target di OrCam, se è vero che questo strumento può essere utile, ad esempio, anche per chi abbia problemi di dislessia. «Non pensiamo di sostituire interamente la lettura automatica alla persona – dichiara in tal senso Fisher -, ma se si è dislessici, studiare e leggere è spesso molto faticoso. Vogliamo pertanto offrire un supporto che faciliti la vita agli studenti che fanno più fatica». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: uicca@uiciechi.it (Graziana Pala).

Superando.it del 24-03-2017

“Gli impulsi erotici e i desideri non vanno ignorati”

Il presidente dell’Istituto di Sessuologia “Necessità identica per uomini e donne”.

La disabilità non è una mancanza, ma una dimensione della diversità. Bisogna rimuovere gli ostacoli». Fabrizio Quattrini è il presidente dell’Istituto italiano di Sessuologia scientifica di Roma. Psicologo e psicoterapeuta, lavora con l’associazione LoveGiver, che da quattro anni si batte per portare in Italia l’assistenza sessuale.

«Siamo tutti diversamente disabili. Tutti possiamo avere delle difficoltà: la sessualità non è sempre vissuta con serenità – spiega -. Se ne parla poco con le parole giuste, si ironizza. E così non si risolve niente». In Italia il sesso è ancora un tabù: la psico-sessuologia non è una disciplina riconosciuta. L’educazione sessuale non esiste, se non per iniziativa di alcuni istituti scolastici. Nella gran parte dei Paesi europei è obbligatoria dalle elementari alle superiori.
Cambia a seconda dei casi? «La disabilità non è una sola, la sessualità invece sì. Pensiamo alla disabilità sensoriale per esempio: le persone non vedenti o non udenti che possono vivere la sessualità in modo assolutamente sereno.
Ancora diversi sono i casi di disabilità motoria: c’è chi non ha nessuna difficoltà e chi invece non ha le informazioni o gli ausili corretti. Ma ci sono altri casi, pensiamo per esempio allo spasticismo: senza un adeguato supporto educativo ci si trova in una situazione di isolamento. Se poi si parla di disabilità cognitive e casi psichiatrici, la situazione si complica ancora di più. Si va da situazioni in cui non c’è nessun tipo di problematica, al tabù più assoluto». Differenze tra uomini e donne? «No, tranne che per le caratteristiche anatomo-fisiologiche e la risposta sessuale associata. Le uniche vere differenze sono nella società che sottolinea una sessualità necessaria per gli uomini disabili, quanto inesistente nelle donne con disabilità». Ci sono dei falsi miti, difficili da sfatare. Il disabile come «un angelo» o un «eterno bambino». «Quando durante la pubertà si vedono delle espressioni di piacere o ricerca del piacere, chi sta vicino a questi ragazzi si trova in una situazione difficile. Senza gli strumenti giusti, quando compaiono impulsi e desideri sessuali si tende a ignorarli o rifiutarli». A chi spetterebbe accompagnare chi è in difficoltà? «Spetta a chi circonda la persona disabile. I genitori, i familiari e gli operatori professionali. Al momento però non c’è stato nessuno sforzo sistematico in questa direzione. Nella stragrande maggioranza delle strutture che accolgono le persone disabili non esistono le giuste professionalità». Ha lavorato al disegno di legge sulla sessualità assistita, che già esiste in diversi Paesi europei… «Il primo passo sono educazione e formazione: chi lavora o vive con una persona disabile dovrebbe essere messo nelle condizioni di reagire nel modo corretto. Poi c’è l’assistenza sessuale: non fredda prestazione sessuale. Vanno formati operatori capaci di creare una situazione in cui la menomazione non è limite all’appagamento di bisogni sessuali ed affettivi». A chi ci si può rivolgere? «Per una famiglia è difficile trovare la persona giusta. Al momento nel nostro Paese non esistono assistenti sessuali formati. Se una famiglia si rivolge a un sex worker che non conosce la patologia, si possono fare dei gravi danni. L’isolamento del disabile, con il nucleo familiare che pensando di proteggerlo, si chiude. Non sono rari i casi in cui sono i genitori a soddisfare i figli, con un dramma nel dramma. Bisogna parlare della sessualità, che non è un “di più” o qualche cosa che si può mettere da parte. Si inizia dall’accettazione e dall’educazione». [N.FER.]

La Stampa del 20-03-2017

Disabilita’. Dall’Africa all’Everest, Dario gira il mondo per “colorarlo di giallo”

Ha capito di avere la sindrome di Usher a 19 anni. Ma nonostante il progressivo abbassamento della vista e dell’udito non si è perso d’animo, anzi ha cominciato a viaggiare. Sei anni fa ha fondato il sito Noisy vision. La mission: colorare le città di giallo, un colore che contrasta meglio con gli altri. “Noi ipovedenti abbiamo bisogno che le cose e i colori siano a contrasto”.

ROMA. Su un vascello di ferro e cemento ha navigato dal Sudafrica al Brasile e poi lungo tutta la costa atlantica delle Americhe, su fino a Cuba. Ha fatto da solo il Cammino di Santiago (lasciando a casa il cellulare). Per lunghi periodi ha vissuto in Australia, Mozambico, Malawi e Argentina. Dopo aver camminato sulle Ande peruviane e attraversato gli Appennini da Bologna a Firenze, è partito per arrivare sul tetto del mondo, al campo base dell’Everest. Dario Sorgato, 38 anni, designer modenese che vive a Berlino, ha dentro uno spirito inquieto ma sereno che lo spinge sempre un po’ più in là. Si racconta in una intervista curata da Dario Paladini nel numero di marzo del mensile Superabile Inail.

La sindrome di Usher, che provoca una graduale sordocecità, non l’ha fermato. “Quando stai bene nel cuore e nella mente riesci a vivere meglio. Certo il viaggio è anche una fuga: dalla malattia, dalla realtà, dalla routine. Forse proprio perché ho una disabilità sono spinto dal desiderio di vedere il mondo che un giorno potrei non vedere più”. Nel 2011 ha fondato, insieme ad altri amici ipovedenti, Noisy vision, sito web e progetto di informazione e sensibilizzazione sulla sindrome di Usher e le disabilità sensitive.

Quando ha scoperto di avere la sindrome di Usher e come ha reagito?
Fin da piccolo ho dovuto utilizzare ausili acustici. Poi verso i 15 anni ho cominciato a non vederci bene, inciampavo spesso. Mi hanno allora diagnosticato la retinite pigmentosa e la sindrome di Usher. Né io né i miei genitori ci siamo resi conto subito di cosa si trattasse. Solo a 19 anni ho capito, quando mi sono trasferito a Milano per frequentare l’università. Nel mio convitto c’era un ragazzo che aveva fatto il servizio civile per l’Unione italiana ciechi. È stato lui a spiegarmi che la sindrome di Usher porta alla cecità. Sconvolto ho chiamato mia madre e al telefono le ho detto tutto. È stata una mazzata tremenda. Ho iniziato a fare anche qualche viaggio alla ricerca di medici che potessero guarirmi. Ma ben presto ho capito che non aveva senso vivere in attesa di un futuro migliore, di una guarigione che potrebbe non arrivare mai. Ho deciso di vivere bene il presente, di affrontare i problemi man mano che arrivano. Tra l’altro per tanti anni ho cercato di tenere nascosta la mia malattia. Erano pochi a saperlo. Non volevo che diventasse un muro tra me e gli altri.

– E non sembra averla spaventata. Ha girato il mondo in modo avventuroso…
Ogni viaggio è nato con motivazioni diverse. Sono partito per il Sudafrica per imbarcarmi perché su quel vascello lavorava una ragazza conosciuta in Italia. E da lì è cominciato un viaggio durato due anni, che mi ha fatto fare esperienze incredibili. Il vascello si chiama Heraclitus e da alcuni decenni solca i mari per studi scientifici. Il capitano affidava spesso a me il timone: nonostante ci vedessi già allora molto poco, avevo una particolare capacità di tenere la barca sulla giusta rotta. Ed è stata proprio la vita in barca a cambiarmi, perché se non sentivo bene gli ordini ero costretto a chiedere di ripetermeli. Mi sono reso conto che non aveva più senso nascondere la mia disabilità, che tra l’altro tutti conoscevano bene.

La vita sentimentale ne ha risentito?
Direi di no. Alcune ragazze con le quali ho avuto una relazione si sono innamorate di me grazie al fatto che sono così, perché sono attratte da chi ha uno sguardo diverso sul mondo. La malattia mi ha fatto maturare una sensibilità che evidentemente affascina. Vivo l’amore in ogni poro della mia pelle. Sono ancora in contatto con tutte, non riesco a dimenticarmene, a tagliare completamente. Nella mia vita ho scritto tantissime lettere d’amore. L’unico problema che ho è nel primo approccio. Se sono in un locale, non riesco a vedere con chiarezza i volti e quindi non mi è possibile incrociare lo sguardo di una donna.

Torniamo ai viaggi. Come è andata l’ascesa al campo base dell’Everest.
Volevo realizzare un’impresa per lanciare un messaggio al mondo: coloriamo le città di giallo. Il giallo è un colore che contrasta meglio con gli altri. Noi ipovedenti abbiamo bisogno che le cose e i colori siano a contrasto, solo così riusciamo a vederli. Dopo aver avuto diverse esperienze di trekking, mi sono detto: perché non arrivare in cima al mondo? Ne è nato anche un documentario, in inglese con sottotitoli in italiano. C’è chi sta già organizzando incontri per proiettarlo.

Qual è stato il momento più difficile?
Una notte in cui abbiamo attraversato un ghiacciaio. Non vedevo nulla. Solo gli scarponi della mia guida, illuminati dalla torcia che avevo in testa. Mi sono affidato a quello spicchio di luce, al passo della mia guida.

Che progetti ha per il futuro?
Quel che mi preme ora è lavorare per l’integrazione e l’inclusione delle persone con disabilità. Voglio che il progetto “Yellow the world” diventi qualcosa di concreto, che coinvolga amministrazioni comunali, architetti, urbanisti e designer. A volte basta poco per rendere più accessibile un luogo. Come appunto una pennellata di giallo. È fondamentale che si creino ambienti confortevoli nelle nostre città, per cui ogni persona con disabilità possa sentirsi al sicuro.

Redattore Sociale del 20-03-2017

Per conoscere meglio gli “invisibili dell’autismo”

Si possono infatti definire anche così le persone con sindrome di Asperger, il cui rendimento scolastico è in genere regolare – donde il loro diventare appunto “invisibili” – salvo poi, con il crescere dell’età, vedere aumentati i problemi di comunicazione sociale e ogni altra situazione derivante dalla sindrome. Per consentire dunque ai genitori di capire e di aiutare al meglio i propri figli, scambiandosi le reciproche esperienze, il Gruppo Asperger Veneto, nato nel 2016, proporrà dall’11 marzo a Verona un primo ciclo di incontri informativi, condotti da autorevoli esperti del settore.

VERONA. Prenderà via l’11 marzo a Verona il primo ciclo di incontri per genitori di persone con sindrome di Asperger, organizzato dal Gruppo Asperger Veneto, Associazione nata nel mese di luglio dello scorso anno, per volontà di alcuni genitori che hanno sentito l’esigenza di unirsi per fare rete e creare iniziative specifiche sulla sindrome di Asperger, in collaborazione con le altre organizzazioni che operano per le persone con disturbi dello spettro autistico.

«I soggetti con la sindrome di Asperger – spiega Ruggero Mason del Gruppo Asperger Veneto – sono definiti gli “invisibili dell’autismo”, più “fortunati” sotto tanti punti di vista, ma “invisibili”, appunto, perché in genere si dice di loro che “è solo un po’ strano”, “è solo timido”, “è solo…”, ma ha “buoni voti a scuola e quindi cambierà con l’età”. Al contrario, invece, più l’età cresce, più aumentano i problemi di comunicazione sociale e ogni altra situazione derivante dalla sindrome».
«E del resto – prosegue Mason – se per l’autismo in generale alcune caratteristiche possono essere individuate già nei primi mesi di vita, la specificità dell’Asperger è che può essere certificata solo verso i 5-6 anni, quando cioè ai ragazzi si chiede di sviluppare le abilità sociali necessarie a stare in classe con i compagni. In quel periodo, però, succede quasi sempre che l’attenzione sia rivolta soprattutto al rendimento scolastico, che nei soggetti Asperger in genere c’è; per questo si può dire che essi diventino “autistici invisibili”, cosicché le difficoltà di relazione sociale o altre specificità dei ragazzi colte dai genitori e dagli insegnanti vengono interpretate in base alle informazioni che si hanno e se non si è a conoscenza della sindrome e della necessità di una verifica specialistica, i comportamenti sono visti solo come “strani”, “particolari”, e destinati a cambiare con il tempo. Ecco quindi perché riteniamo necessario promuovere degli incontri specifici, per informare i genitori e dar loro le informazioni utili a capire e ad aiutare i figli, incontrando anche altri genitori, per scambiarsi esperienze e fare rete».

Come detto, i primi quattro incontri (tutti previsti di sabato mattina a Verona), prenderanno il via l’11 marzo e saranno tenuti da autorevoli esperti del settore, quali Fabrizia Bugini, Roberto Keller, Mireya Moyano, Bert Pichal, Enrico Valtellina e Leonardo Zoccante.
Tra i vari temi trattati – oltre a una serie di inquadramenti generali sui vari aspetti dell’Asperger e sull’impatto di essa in àmbito familiare – si parlerà anche dei possibili percorsi lavorativi o di ricerca, nonché del tempo libero. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@aspergerveneto.it.

 

Superando.it del 01-03-2017

Nasce un Centro diurno per ragazzi autistici

AIELLI. Il Centro diurno di Aielli per ragazzi affetti da disturbi autistici (Vita Onlus) è una realtà. La struttura è nata dalla sinergia tra il Comune e l’associazione Onlus, che si occupa proprio delle problematiche legate ai ragazzi affetti da autismo. Molti gli ospiti presenti alla cerimonia inaugurale tra questi: l’onorevole Filippo Piccone, che ha fatto gli onori di casa, il sindaco di Aielli, Enzo Di Natale, il direttore generale della Asl, Rinaldo Tordera, il consigliere regionale Maurizio Di Nicola, e numerosi sindaci tra i quali: il primo cittadino di Celano, Settimio Santilli, quello di Pescina, Stefano Iualianella, e di Lecce nei Marsi, Gianluca De Angelis. Il primo cittadino Di Natale ha evidenziato che «unire gli obiettivi di pubblico e privato rappresenta sempre un fatto positivo, così come è accaduto per la nascita del centro diurno Vita Onlus. «Quando appena insediati ci è stato proposto il progetto del centro io e la mia amministrazione ci siamo subito convinti dell’importanza che questo avrebbe avuto ed ha per moltissime famiglie», ha spiegato Di Natale, «ne abbiamo subito sposato la causa e grazie all’impegno della presidente dell’associazione Ivenza Baruffa e di tutti coloro che vi ruotano intorno oggi siamo qui ad inaugurare la struttura». Per la cronaca l’avvio del progetto è stato curato dalla precedente amministrazione guidata da Benedetto Di Censo. Di Natale ha evidenziato come l’inaugurazione del centro non debba essere visto come un punto di arrivo, ma di partenza, e ha invitato la Asl e la Regione a comprenderne le reali potenzialità. Appello subito raccolto da Di Nicola, il quale si è detto pronto a fare la sua parte come esponente della Regione, così come il direttore generale Tordera e la direttrice sanitaria Colizza i quali hanno evidenziato come si potrà lavorare affinché il centro possa in un prossimo futuro avere un sostegno concreto da parte del servizio pubblico sanitario. Soddisfatto infine l’onorevole Filippo Piccone, il quale, dopo aver ringraziato il sindaco attuale e quello precedente per i ruoli avuti nella vicenda ha lanciato un appello agli enti preposti, Asl e Regione, per far sì che si costruisca un modello che duri nel tempo e allevi, anche se in parte, i problemi delle famiglie marsicane che hanno in casa persone autistiche.

di Dante Cardamone

Il Centro del 28-02-2017

Autismo, Faraone: Dal 2015 anni storici con “Dopo di Noi” e Lea

ROMA. “Anni storici per l’autismo. Nel 2015 la legge, adesso i nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) e a breve la riapertura delle linee guida, su cui si sta lavorando grazie all’Istituto superiore di Sanità”. Lo afferma Davide Faraone, sottosegretario alla Salute e presidente della Fondazione italiana per l’autismo (Fia), in occasione della conferenza al ministero della Salute.

È nata anche la Fia, “che ha cominciato a raccogliere le prime risorse per la ricerca, per i progetti nel sociale, per stare più vicini alle famiglie e per favorire l’inclusione a scuola”, aggiunge. Tornando sulle Linee guida “contiamo di fare in fretta, ma di fare bene. Sicuramente si andrà nella direzione di una maggiore sensibilità e di un maggiore coordinamento sulle azioni da svolgere. Dobbiamo accelerare- ripete faraone- ma si sta facendo un buon lavoro”.

C’è infatti tanto lavoro da fare “nei territori- sottolinea il sottosegretario- dobbiamo intervenire in attività di sensibilizzazione e per istituzioni più attente. Abbiamo una legislazione d’avanguardia sull’inclusione in classe- precisa- ma devono esserci insegnanti di sostegno piu stabili e formati sulle singole disabilità. Su questo tema il Consiglio dei ministri ha approvato una proposta che il Parlamento dovrà ratificare nei prossimi giorni”. Un’ultima riflessione il sottosegretario la rivolge alle famiglie: “Per aiutare- conclude- bisognerà mettere più risorse nel ‘Dopo di noi’“.

Redattore Sociale del 15-02-2017

Accessibilita’, il Parlamento europeo approva la nuova direttiva

Siti web, procedure on line a applicazioni delle amministrazioni pubbliche dovranno soddisfare glistandard comuni di accessibilità e presentare regolarmente una dichiarazione di conformità: sono le principali novità introdotte dalle nuove norme, per semplificare l’accesso alle persone disabili.

ROMA. Il Parlamento europeo ha approvato, mercoledìscorso, la nuova direttiva sull’accessibilità del web, che dovrebbe garantire a persone disabili e anziani l’accesso aisiti web delle amministrazioni pubbliche e alle relative procedure, come dichiarazione deiredditi, richiesta d’indennità, iscrizioni e detrazioni. Secondo la direttiva infatti, isiti web e le applicazioni mobili degli enti pubblici- amministrazioni, tribunali, dipartimenti di polizia, ospedali pubblici, università e biblioteche – dovranno soddisfare glistandard comuni di accessibilità. I deputati hanno assicurato che anche le applicazioni utilizzate sui dispositivi mobili come smartphone e tablet dovranno rispettare queste norme.

Nello specifico gli enti pubblici dovranno fornire e aggiornare regolarmente una “dichiarazione di accessibilità particolareggiata” sulla conformità alla direttiva dei loro siti web e applicazioni mobili, includendo una spiegazione su quelle parti di contenuto non accessibili e motivandone le ragioni dell’inaccessibilità. Dovrà inoltre essere attivato un “meccanismo difeedback”, per consentire agli utenti disegnalare problemisulla conformità e per richiedere informazioni specifiche sul contenuto inaccessibile. Gli enti pubblici dovranno dare una “una risposta adeguata alla notifica o alla richiesta entro un periodo di tempo ragionevole”, oltre a fornire il link per una “procedura di attuazione” cui è possibile fare ricorso in caso dirisposta insoddisfacente alfeedback o alla richiesta on-demand. Gli Stati membri dovranno designare un’autorità che avrà il compito di monitorare e far rispettare le norme.

Dal momento della pubblicazione della direttiva sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, gli Stati membri dovranno recepirla nella loro legislazione nazionale entro 21 mesi dalla data dell’entrata in vigore. Avranno poi 12 mesi di tempo per applicare le disposizioni ai nuovisiti web, 24 mesi per isiti web esistenti e 33 mesi per le applicazioni mobili degli enti pubblici.

“Oggi, abbiamo fatto sì che l’e-government sia accessibile a tutti- ha affermato la relatrice Dita Charanzová – Proprio come gli edifici governativi dovrebbero essere accessibili a tutti, così dovrebbe essere anche per i gateway digitali. Abbiamo risolto il lato pubblico di accessibilità del web, ma Internet è molto più disiti web e applicazioni di governo. Abbiamo bisogno di una riforma anche per il mondo privato deiservizi, dalle banche alle stazioni televisive agli ospedali privati. Mi auguro – ha concluso – che si possa presto adottare l’Atto europeo sull’accessibilità, in modo che sia iservizi pubblicisia quelli privatisiano accessibili a tutti i nostri cittadini”. Sono circa 80 milioni le persone nell’UE che presentano una disabilità. Con l’invecchiamento della popolazione, si prevede che il numero di persone, con disabilità o difficoltà di accesso a internet legata all’età, aumenterà a 120 milioni entro il 2020. (30 ottobre 2016)

SuperAbile.it del 31-10-2016

Obbligo di rimozione delle barriere architettoniche dai bancomat

Con la sentenza n. 18762 del 23/09/2016 la Corte diCassazione ha affermato il principio secondo cui la situazione di inaccessibilità a luogo privato aperto al pubblico (nella specie, un locale adibito all’utilizzazione di un bancomat), dovuta alla presenza di una barriera architettonica, legittima la persona disabile a ricorrere, anche nei confronti di privati, alla tutela antidiscriminatoria ex art. 3 della legge n. 67 del 2006.

TUTELA ANTIDISCRIMINATORIA. Il caso ha riguardato ilricorso presentato da un soggetto disabile, il quale aveva denunciato la violazione, da parte di un importante istituto di credito, della normativa antidiscriminatoria a tutela delle persone disabili e della legislazione che impone la rimozione delle barriere architettoniche. La violazione contestata consisteva nell’aver installato un dispositivo di bancomat ad un’altezza tale da risultare inaccessibile da soggetti costrettisu una sedia a rotelle, come ilricorrente, con un banco sottostante inidoneo all’appoggio e difficile da accostare.

LE LEGGI IN MATERIA. La Corte Suprema, con la sentenza richiamata, esamina il quadro normativo diriferimento, costituito dall’art. 24 della l. 104/92, che detta la legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, nonché dalla legge n. 13/1989 che contiene disposizioni per favorire ilsuperamento e l’eliminazione di barriere architettoniche negli edifici privati, dairegolamenti e decreti attuativi delle predette leggi e della normativa regionale in materia e, per finire, dalla legge 1° marzo 2006 n. 67. Con particolare riguardo a quest’ultima, contenente “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2006, siritiene utile riportarne alcune norme.

LEGGE 54/2006. All’art. 1 è precisato che la finalità della legge è quella, in conformità all’articolo 3 della Costituzione, di promuovere la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, alfine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.

L’art. 2 prevede che il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità. La stessa norma specifica che si ha discriminazione diretta quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga; si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione disvantaggio rispetto ad altre persone. Sono, altresì, considerati come discriminazioni le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi connessi alla disabilità, che violano la dignità e la libertà di una persona con disabilità, ovvero creano un clima di intimidazione, di umiliazione e di ostilità neisuoi confronti.

TUTELA GIURISDIZIONALE. L’art. 3, richiamato dalla Corte diCassazione nella sentenza in esame, prevede le modalità di esercizio della tutela giurisdizionale da parte delle persone disabili avverso comportamenti ed atti discriminatori, stabilendo che, con il provvedimento che accoglie ilricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, alrisarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio, ove ancora sussistente, e adotta ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione, compresa l’adozione, entro il termine fissato nel provvedimento stesso, di un piano dirimozione delle discriminazioni accertate. Il giudice, inoltre, può ordinare la pubblicazione del provvedimento adottato, a spese del convenuto, per una sola volta, su un quotidiano a tiratura nazionale, ovvero su uno dei quotidiani a maggiore diffusione nel territorio interessato. Sulla base di tale ultima disposizione, la Suprema Corte ha ritenuto che l’installazione del bancomat denunciato dalricorrente costituisse una barriera architettonica, in quanto di ostacolo all’accesso da parte dei disabili, rendendosi necessaria un’opera di adeguamento a tutela delle categorie discriminate, nelrispetto dei parametri tecnici individuati dalla normativa disettore.

Notai.it del 24-10-2016

La favola degli occhiali”: ottico dona lenti ai bambini in difficolta’

BOLOGNA. Un paio di occhiali da vista ai bambini che ne hanno bisogno ma non possono permetterselo. Così era cominciata lo scorso aprile a Bologna, “La Favola degli occhiali”: Andrea Garagnani, ottico bolognese, per festeggiare i 90 anni di attività, aveva scelto di donare lenti e montatura a tutti i piccoli della città, da 0 a 14 anni, con problemi di vista e appartenenti a famiglie a basso reddito. Ora l’iniziativa, giunta alla seconda fase, sarà prolungata fino alla metà del 2017, per provare a coinvolgere ancora più bambini. “Su 2.500 famiglie potenzialmente interessate al progetto, monitorate da servizi sociali, siamo riusciti a raggiungerne solo 1.700 – spiega il curatore Bruno Damini –, 50 bambini, dopo la visita specialistica, hanno poi ricevuto un paio di occhiali. Purtroppo molti contatti cadono nel vuoto, perché spesso le famiglie di migranti cambiano indirizzo e non comunicano il nuovo, diventando irrintracciabili. Metti anche un po’ di diffidenza e le barriere linguistiche e il campo d’azione, purtroppo, si restringe”.

Ma Garagnani non si dà per vinto, per questo ha deciso di rilanciare prolungando la “favola” di almeno altri 6 mesi, sperando che il tempo sia dalla sua parte e che anche le scuole possano dare una mano segnalando l’iniziativa alle famiglie. Intanto, in occasione del mese della salute visiva, sabato 15 e domenica 16 ottobre, a Bologna, sono previsti due appuntamenti, organizzati dal Comune, insieme all’Ausl di Bologna, Amoa ­ Associazione Medici Oculisti per l’Africa, Essilor Lenti e Miraflex, durante i quali i bambini presenti potranno fare, gratuitamente, uno screening della vista.

Sabato 15 ottobre alle 16, alla “Cinnoteca” di via Riva Reno 72 , oltre alle proiezioni di alcuni cortometraggi legati al tema della vista e dello sguardo, i piccoli potranno realizzare alcuni strumenti del precinema per sperimentare alcuni principi otticilegati agli effetti visivi delle immagini in movimento. Domenica 16 ottobre, invece, in Biblioteca Sala Borsa, dalle 15 alle 18 ci saranno attività di animazione e aggregazione insieme a Unicef e altre associazioni che lavorano anche con l’infanzia. Fino al 15 ottobre, poi, presso la Sala D’Ercole di Palazzo D’Accursio, una mostra fotografica, “Visioni dall’Africa”, racconterà l’impegno in terra africana dell’associazione Amoa onlus ­ Associazione Medici Oculisti per l’Africa attraverso gli scatti di Simone Baruzzi. (Silvia De Santis)

Redattore Sociale del 13.­10.­2016

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